Le rotture della cuffia dei rotatori

Le lesioni della cuffia dei rotatori rappresentano la patologia di più comune riscontro per le affezioni della spalla. L’inquadramento clinico prevede una prima distinzione in base all’eziologia: degenerativa o traumatica.

La prevalenza delle lesioni degenerative è compresa tra il 15 e il 51% ed è strettamente correlata all’età: al di sopra dei 65 anni di età, nel 50% dei casi bilaterali, solo 1/3 di tali lesioni causa dolore.

Le lesioni traumatiche invece avvengono a causa di una caduta o di un trauma con l’arto superiore abdotto ed extraruotato ed interessano pazienti quasi 10 anni più giovani, con un’età media di circa 55 anni. Tendono ad essere più grandi di quelle degenerative e interessano spesso anche il tendine sottoscapolare. Nel 50% dei casi si tratta di lesioni ampie e massive.

Si definiscono lesioni massive quelle che coinvolgono 2 o più tendini, o che mostrano un’estensione maggiore di 5 cm. Se riparate in tempi brevi, le possibilità di guarigione delle lesioni traumatiche sono  elevate proprio perché si verificano in pazienti più giovani, sono meno retratte e presentano una minore infiltrazione adiposa muscolare.

Un’anamnesi accurata è fondamentale per una corretta diagnosi e trattamento: l’età del paziente, l’insorgenza traumatica o graduale del dolore, il tipo di lavoro, la dominanza dell’arto affetto, il deficit di forza, il dolore notturno e la durata dei sintomi orientano la diagnosi. Sospetteremo una lesione degenerativa in pazienti con età superiore a 60 anni, che svolgono attività manuali con insorgenza graduale e notturna, con esacerbazione diurna associata a deficit di forza. In caso di esordio traumatico, il paziente sarà verosimilmente più giovane e assocerà l’esordio dei sintomi ad trauma preciso. Non è da escludere ad ogni modo la presenza di una lesione traumatica anche in pazienti di età superiore a 60 anni: il trauma potrebbe aver ampliato una pre-esistente lesione degenerativa.

Dolore (soprattutto notturno) e deficit di forza sono i principali sintomi connessi alla presenza di una lesione della cuffia dei rotatori!

L’esame obiettivo inizia con la valutazione dell’escursione articolare attiva e passiva di entrambe le spalle e la presenza di crepitii subacromiali, spesso presenti in caso di lesioni massive, dovuti alla migrazione anterosuperiore della testa dell’omero. L’ispezione consente di evidenziare eventuali asimmetrie nel tono muscolare dei muscoli periarticolari, così come alterazioni posturali e cinetiche della scapola.

La successiva esecuzione di test specifici ci aiuterà ad un’iniziale definizione clinica delle dimensioni della lesione e dei tendini coinvolti.

Test clinici specifici per la valutazione di lesioni della cuffia dei rotatori sono:

  • Test di Jobe: si esegue facendo compiere al paziente un’elevazione sul piano scapolare contro resistenza con l’arto in intrarotazione (pollici rivolti in basso). La comparsa di dolore o la riduzione della forza indicano una sofferenza o una lesione del sovraspinoso. 
  • Test per infraspinoso: si esegue facendo compiere al paziente un’extrarotazione contro resistenza a gomiti addotti. La comparsa di dolore o la riduzione della forza indicano una lesione del sottospinoso. 
  • Test di Patte: si esegue facendo compiere al paziente un’extrarotazione contro resistenza con la spalla abdotta di 90° e gomito flesso. È anch’esso un test elettivo per la valutazione del sottospinoso.
  • Drop-arm sign: l’esaminatore è posto a fianco del paziente; il braccio del paziente, con gomito flesso a 90°, viene portato a 90° di elevazione anteriore sul piano scapolare ed in massima extrarotazione. Al paziente viene chiesto di mantenere la posizione di extrarotazione, quindi il polso viene rilasciato mantenendo solo il sostegno al gomito. Il test è positivo con la caduta dell’avambraccio ed indica una lesione del sottospinato.
  • External Rotation Lag Sign (ERLS): l’esaminatore è posto dietro al paziente; il braccio del paziente, con gomito flesso a 90°, viene portato a 20° di elevazione anteriore sul piano scapolare e vicino alla massima extrarotazione. Al paziente viene chiesto di mantenere la posizione di extrarotazione ed elevazione quindi il polso viene rilasciato. Il test è positivo con la caduta dell’avrambraccio ed indica una lesione massiva della cuffia (tendini sovraspinoso e sottospinoso).
  • L’eventuale coinvolgimento del tendine sottoscapolare viene valutato mediante i seguenti test: Lift off, Napoleon test e Bear Hug test. Test specifici per il coinvolgimento del capo lungo del bicipite sono: il palm up test, il test di Yergason, il test attivo-passivo del capo lungo del bicipite ed il test di Ludington.

Riguardo ai trattamenti, recenti revisioni della letteratura hanno messo in evidenza che in caso di lesioni piccole o asintomatiche non è controindicato il ricorso in prima istanza a trattamenti conservativi quali terapia fisica, farmaci anti-infiammatori e infiltrazioni subacromiali di corticosteroidi o di acido ialuronico; tuttavia, nel medio e lungo termine le riparazioni delle lesioni mostrano risultati migliori rispetto al trattamento conservativo.

Possiamo riassumere le indicazioni al trattamento chirurgico alle lesioni piccole (ma non responsive ai trattamenti conservativi), lesioni medie e ampie sintomatiche e asintomatiche, lesioni traumatiche da meno di 4 mesi e lesioni massive. Costituiscono una controindicazione relativa l’età avanzata, lesioni di grado 3 secondo Goutallier (classificazione che stima il grado di tessuto adiposo nel ventre muscolare, quindi l’incapacità del tendine stesso ad essere riportato nel suo punto di inserzione, perchè meno elastico) e le lesioni traumatiche inveterate. Controindicazioni assolute al trattamento chirurgico sono invece la rigidità articolare (perdita del movimento passivo – quest’ultimo ilmplica una importante mobilizazione fisioterapica della spalla prima dell’eventuale trattamento chirurgico), artrosi severa con acetabulizzazione dell’acromion, retrazione tendinea oltre la glena, atrofia muscolare, infezioni sistemiche o locali in atto o patologie neurologiche o comorbidità che precludono l’intervento chirurgico.

In generale, gli obiettivi del trattamento delle lesioni della cuffia dei rotatori sono due: riduzione del dolore e recupero della funzione!

Prima di procedere al trattamento chirurgico sarà importante tenere in considerazione una serie di fattori che possono influenzare l’outcome: l’età e la richiesta funzionale del paziente; la cronicità della lesione (durata dei sintomi), l’attività lavorativa svolta, la dimensione della lesione, la retrazione tendinea, l’infiltrazione adiposa e l’atrofia muscolare.

L’evoluzione delle tecniche chirurgiche da open ad artroscopiche ha consentito una conoscenza sempre maggiore delle strutture anatomiche e pertanto lo sviluppo di diversi sistemi classificativi. Le lesioni della cuffia dei rotatori vengono distinte in base a sede, forma, area, retrazione e riducibilità della lesione. Attualmente la classificazione più utilizzata è quella proposta da Burkhart: A) Lesione semilunare, B) Lesione a L, C) Lesione a U.

Ad ogni tipo di lesione corrisponde un determinato tipo di riparazione in modo da garantire una riparazione senza tensione e nel rispetto delle coppie di forza.

L’intervento può essere eseguito in anestesia generale o regionale mediante blocco interscalenico. Il paziente può essere posto in decubito laterale o in posizione beach-chair. Una riparazione standard della cuffia dei rotatori prevede generalmente l’utilizzo di 3 o 4 portali. Tutte le procedure artroscopiche iniziano sempre con un’artroscopia valutativa per definire la presenza e le dimensioni della lesione, lo stato del tendine capo lungo del bicipite, la presenza di alterazioni degenerative a carico dei capi articolari. In caso di riscontro di lesioni del tendine sottoscapolare e/o alterazioni del capo lungo del bicipite sarà necessario trattare tali lesioni prima di procedere alla valutazione dello spazio subacromiale. 

L’ispezione dello spazio subacromiale inizia con la bursectomia, sempre necessaria per esporre la lesione, mobilizzarla e riconoscerne la forma, ed infine ripararla.

Una lesione viene definita irreparabile quando le dimensioni della lesione e il grado di retrazione tendinea sono tali da impedirne la mobilizzazione fino al footprint, nonostante il ricorso a tecniche di mobilizzazione. A tale situazione si associano un’importante infiltrazione adiposa e atrofia muscolare. L’utilizzo di innesti come chiusura del difetto non ha mostrato buoni risultati in letteratura. Attualmente, prima di ricorrere ad una sostituzione protesica in pazienti giovani e/o con una buona richiesta funzionale, sono essenzialmente 2 i trattamenti proposti: una riparazione parziale o un transfer tendineo (gran dorsale per la cuffia postero-superiore; pettorale per il tendine sottoscapolare). Il candidato ideale per un transfer tendineo è un paziente giovane senza segni di artrosi gleno-omerale con lesione di cuffia massiva irreparabile con piccolo rotondo integro e, nel caso di un transfer del gran dorsale, tendine sottoscapolare integro o riparato.

Il trattamento post-operatorio della riparazione artroscopica della cuffia dei rotatori prevede una immobilizzazione in tutore in rotazione neutra e 20° di abduzione per 4 settimane. E’ possibile, in tale periodo, su indicazione sola del chirurgo operatore che ha valutato la tensione residua del tendine riattaccato, iniziare una cauta mobilizzazione solo passiva.

Dopo la rimozione del tutore, seguirà un protocollo riabilitativo articolato. Il ritorno alle attività lavorative manuali pesanti e alle attività sportive agonistiche sarà consentito dopo 6 mesi dall’intervento.

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