A seguito di qualsiasi episodio distorsivo è sempre necessario ridurre le sollecitazioni che hanno causato il trauma: a volte quindi è prudente immobilizzare l’articolazione e, nel caso questa faccia parte degli arti inferiori, evitare in assoluto la ripresa dell’allenamento e/o del banale cammino.
Sollevare quindi l’articolazione colpita e metterla in posizione comoda per consentire non solo di attenuare il dolore, ma anche di ridurre il gonfiore limitando l’afflusso sanguineo, quindi l’infiammazione.
Porre sopra alla caviglia una borsa di ghiaccio o un impacco freddo (a cicli di 15-20 min) per calmare il dolore, interponendo una pezza tra la pelle ed il ghiaccio stesso per evitare problemi di ulcerazioni cutanee.
Qualsiasi distorsione necessita un accurato esame obiettivo: infatti l’atto traumatico di per sé crea un “reset” della percezione spazio-corporea della caviglia (propriocezione) necessitando un esperto parere per impostare l’importante riabilitazione atta a prevenire ulteriori episodi: “…come se l’arto tornasse quello di un bambino, che deve essere rieducato alla percezione della sua caviglia nello spazio per essere pronto ad affrontare terreni maggiormente difficili…”.
A volte l’esperto ricorre ad esami specialistici (RX, TC, RMN, ecografie) non solo per mettere in luce rime di frattura, ma a volte anche infrazioni, piccoli distacchi di legamenti dall’osso, calcificazioni nei tessuti molli o altre condizioni strutturali (speroni ossei) che possono esser causa di dolori cronici.
Nel caso lo specialista ritenga necessario l’astensione dal carico per più di una settimana è importante effettuare una profilassi con eparina a basso peso molecolare (“punturine” nel sottocute di anticoagulante), affinché il sangue non coaguli dando vita a fenomeni trombo flebitici che possono aggravare la situazione generale del paziente/atleta: infatti l’atto di non caricare impedisce l’attivazione della “pompa venosa muscolare”, creando una stasi sanguinea periferica.